martedì 5 maggio 2009

Proverbi Toscani

Del mangiare e del bere….

Nell’uva son tre vinaccioli: uno di sanità, uno di letizia, e uno di ubriachezza.

Dio mi guardi da chi non beve.

Fame piccola, fame vispa; fame grande, fame trista.

Un buon pasto e un mezzano, tengono l’uomo sano.

Il riso nasce nell’acqua e ha da morire nel vino.

La pentola è la pace della casa.

Il vino è la poppa de’ vecchi.

Quando è poco pane in tavola, mettine assai nella scodella.

Il pan di casa stufa.

Ne ammazza più la gola che la spada.

Non ti mettere in cammino, se la bocca non sa divino.

Il vino di casa non imbriaca.


Dei mestieri…

Mercanzia non vuole amici.

Chi fa mercanzia e non la conosce, i suoi denari diventan mosche.

Quando l’oste è sull’uscio, l’osteria è vuota.

I pensieri vanno falliti.

A biscottini non si campa.

Sotto il buon prezzo ci cova la frode.


Del mare…

Ognuno sa navigare col buon vento.

Il buon nocchiero muta vela, non tramontana,

Pallidezza nel nocchiero, di burrasca segno vero.

Il buon marinaio si conosce al cattivo tempo.

Dei consigli e della saggezza…

Cosa fatta capo ha.

Non c’è avere che vaglia sapere.

Il più ciuco è fatto priore.

Val più un’oncia di sorte che cento libre di sapere.

I più savi, men sanno.

Non è sempre savio chi non sa esser qualche volta pazzo.

Ogni pazzo è savio quando tace.

Dove l’oro parla, la lingua tace.

La natura può più dell’arte.

Mille piacer non vagliono un tormento.

Al primo colpo non cade l’albero.

Il vento non entra mai in luogo di dove non possa uscire.

Misura tre volte e taglia una.

Frà modesto non fu mai priore.

Chi non consuma non rinnova.

Bisogna guardar non a quello che entra, ma a quello che esce

Chi di passi n’ha fatti nove, è alla metà del cammino.

I paragoni son tutti odiosi.

E’ meglio camminare che essere spinto.

La va male, quando si chiama a soccorso.

Non si può volare senz’ale.

Animo risoluto non ha orecchi.

Di stoppa non si fa velluto.

La buona carne fa di molta schiuma.

Ogni campanile suona le sue campane.

Chi ben si guarda, scudo si rende.

Non metter bocca dove non ti tocca.

Chi vuol dell’acqua chiara, vada alla fonte.

Non far ciò che puoi, non spender ciò che hai.

Non credere ciò che odi, non dir ciò che sai.

Loda, commenda, saluta, conforta, offera, proffera, ma non t’obbligare.

Il pensare è molto lontano dall’essere.

Temperanza t’affreni, e prudenza ti meni.

L’acciaio si rompe, e il ferro si piega.

Ogni vento non scuote il noce.

Chi vuol essere stimato, stimi se stesso.

Vede più un occhio solo, che cento uniti insieme.

Chi semina spine, non vada scalzo.

Un torso di pera cascata è la morte di mille mosche.

Tante volte al pozzo va la secchia, ch’ella vi lascia il manico o l’orecchia.

Opera fatta, maestro in pozzo.

Dietro il fumo vien la fiamma.

Al paragone si conosce l’oro.

Val più un moccolo davanti che una torcia di dietro.

Il morbido spacca il muro.

Chi non piange non ha zuppa.

Fin che dura fa verdura.

Chi non ha testa abbia gamba.

Fin che dura fa verdura.

A tutti i poeti manca un verso.

Il fare insegna fare.

Con l’error d’altri il proprio si conosce.

Chi ruba, pecca uno; e chi è rubato, pecca cento.

Chi guarda a ogni nuvolo, non fa mai viaggio.

Chi ha cervellièria di vetro non vada a battaglia di sassi.

Non entri tra fuso e rocca, chi non vuol esser filato.

In tempo di poponi non prestar coltello.

Questa ruota sempre gira; chi sta lieto, e chi sospira.

Chi poco sa presto parla.

A parole lorde, orecchie sorde.

Ogni parola non vuol risposta.

Per un bel detto si perde un amico.

Quello che tu vuoi dire in fine, dillo da principio.

Parola detta e sasso tirato non fu più suo.

Dì di no, e fa di sì.

Pensa molto, parla poco e scrivi meno.

Chi sempre tace, brama la pace.

Nessuno si pentì mai d’aver taciuto.

Al cieco non si mostra la strada.

Acqua cheta vermini mena.

Tal che gli duole il capo, si mendica il calcagno.

In terra di ciechi chi ha un occhio è signore.

Il passo più difficile è quello dell’uscio.

Le cose lunghe diventan serpi.

Non ha il palio se non chi corre.

All’entrar ci vuol disegno, all’uscir danari o pegno.

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